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Come Prevedere i Risultati del Referendum?

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Chi mi conosce sa come la penso sulla questione della Grecia, su Tsipras e sul referendum, ma vorrei lasciare da parte tutta la querelle di politica economica. Mi interessa che resti scritta qui una breve riflessione sull’uso dello strumento referendario nelle ultime consultazioni: Scozia e Grecia.

In entrambi i casi, vediamo come i due fronti del Sì e del No si avvicinano pericolosamente, e tutto si decide nelle ultime ore. Vi ricordate cos’è successo nel referendum scozzese?

Secondo me questo ci dice abbastanza sul fatto che il referendum possa essere sempre più uno strumento di legittimazione della propaganda, se si verificano alcune premesse:

  • Impreparazione: poco tempo a disposizione perchè l’opinione pubblica possa formarsi un’idea. Ricordiamo che quanto meno tempo lasciamo a una persona per decidere, tanto meno sarà rilevante il ruolo della razionalità nella sua risposta. L’esempio lampante è il referendum greco di questi giorni
  • Parità di argomentazioni: le tesi contrapposte vengono presentate con toni simili e argomentazioni simili. Questo accade regolarmente anche nei dibattiti televisivi, dove il giornalista medio, prono nel suo ruolo di ammortizzatore (più che moderatore) del dibattito, evita di stigmatizzare le argomentazioni capziose, le fallacie e le menzogne dette dagli ospiti. In questo modo tutte le argomentazioni vengono messe sullo stesso piano e non consentono al pubblico di formare opinioni fondate.
  • Rimozione del nucleo: il tema fondamentale che è alla base della consultazione viene rimosso, così che le posizioni contrapposte perdono di forza e diventa molto facile anche passare da una opinione all’altra. Per esempio, in Scozia e in Grecia è evidente che la partita si gioca sulla questione dell’euro e della stabilità dell’unione economica europea, ma le fazioni contrapposte si presentano entrambe come pro-euro, ossia viene rimosso il quesito fondante, lasciando al suo posto argomenti relativamente marginali.
  • Esaltazione emozionale: il quesito viene presentato con una forte carica emotiva attraverso i media, al duplice scopo di silenziare le argomentazioni razionali ed ottenere un’ampia partecipazione che consenta di dare una investitura ancor più “democratica” alla consultazione.

Ho l’impressione che grazie a meccanismi di questo tipo sia possibile ottenere che la due fazioni contrapposte nella consultazione referendaria si avvicinino al punto medio del 50%, come è successo in Scozia e ora sta accadendo in Grecia.* Da lì, vince la propaganda migliore, potendo attingere ad un bacino di indecisi capaci di far pendere l’ago della bilancia negli ultimi giorni, di conseguenza tutta la comunicazione viene rivolta ad essi, un pubblico più ristretto e profilato.

In ultimo, diamo un’occhiata allo storico dei referendum italiani: per trovare delle consultazioni con esito vicino al punto medio (50%) dobbiamo risalire al 1995, dove c’erano ben 12 quesiti referendari. Ovviamente questo non dimostra nulla, ma è un spunto in più.

 

ADDENDUM 19/6/2016: Quando si è vicini al 50%, la propaganda migliore vince.. Ma la propaganda vince facendo leva su tutto ciò che è irrazionale, e quindi in primo luogo le emozioni. Questo fa parte del contesto della “esaltazione emozionale”, punto 4. Lo vediamo in questi giorni con il capovolgimento dei sondaggi a proposito del brexit dopo il brutale omicidio della esponente del fronte anti-brexit Jo Cox.

 

Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione (K. Popper)

*POST SCRIPTUM: Le cose alla fine non sono andate così, ossia nel caso del referendum greco la conclusione è stata molto più netta di quello che avevano proiettato i sondaggi. Quindi innanzitutto c’è da dire: mi sono sbagliato.
Fatta questa dovuta premessa, il discorso di fondo, legato alle dinamiche della presentazione (mediatica e tattica) del quesito referendario resta assolutamente valido per quanto mi riguarda. La tecnica del “divide (al 50%) et impera” è del tutto utile e coerente in un sistema che necessita di controllare fino all’ultimo le espressioni più “pericolosamente” democratiche.


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