
L’eterna lotta del Bene contro il Male è il Male.
Se pensate di aver pienamente capito il senso di questa frase, potete risparmiarvi il resto del post.
Il Bene e il Male sono categorie morali che possiamo utilizzare per indirizzare una scelta.
Il Bene e il Male sono concetti utilizzati dalle religioni.
L’uso di questi archetipi nel dibattito laico e pubblico significa polarizzare il dibattito, eliminare grigi, sfumature, idee non racchiuse in uno dei due poli, e quindi determinare uno schieramento: da che parte vuoi stare?
Alcuni esempi di recente/attuale polarizzazione del dibattito: pro-vax no-vax, pro-euro no-euro, politica antipolitica, razzismo antirazzismo, fascismo antifascismo.
Questa rappresentazione della contrapposizione degli opposti nel dibattito politico è perfettamente incastonata nella dottrina del paternalismo: l’indirizzo morale, infatti, è una delle responsabilità della famiglia, e dal punto di vista simbolico è un compito che apparterrebbe al padre. Questo simbolismo fa parte della nostra cultura occidentale, ma anche nel mondo orientale il padre rappresenta colui che detta le regole secondo un rapporto “alto-basso” con il figlio. Le regole, infatti, calano dall’alto. La madre invece si occupa delle dinamiche orizzontali (come l’abbraccio) in cui ci si relaziona con i simili, non con i princìpi che guiderebbero le azioni.
Il paternalismo è un concetto “nato” (o meglio verbalizzato) nell’Ottocento per descrivere l’atteggiamento politico dei monarchi europei, che si può schematizzare in tre cardini concettuali:
- Io (governante) voglio il tuo bene
- Tu (sottoposto) non sei in grado di sapere qual è
- Lasciati guidare da me (= cedi a me la sovranità sulla tua vita)
Detto così suona molto antipatico, ma come ogni concetto ci sono tanti modi di declinarlo fino a renderlo, per alcuni, digeribile o addirittura desiderabile!
In America, ad esempio, una forma modificata del concetto di paternalismo è quella di “compassionate conservativism“. Gerson (staff di Bush junior), disse: “Compassionate conservatism is the theory that the government should encourage the effective provision of social services without providing the service itself.”
In questa accezione, si ritiene che gli individui crescano davvero solo se privati del continuo supporto dello Stato (che simbolicamente si richiama al concetto di madre), per cui i cardini del pensiero paternalistico si modificano come segue:
- Io (governante) voglio il tuo bene
- Tu (sottoposto) non sai qual è, ma
- Tu (sottoposto) hai le risorse per scoprirlo se affronti delle prove per evolverti
Una concezione simile è quella che affiora nella distopia di “1984” di Orwell: l’architettura politica del Partito è l’apoteosi del pensiero paternalistico, in tutte le sue sfumature, ed è perfettamente rappresentato nella figura paterna di O’Brien, che rieduca Wilson.
Lo scarto che si verifica rispetto alla primitiva concezione di paternalismo “monarchico” in cui il suddito deve solo eseguire, è che qui c’è una sorta di “empowerment” dell’individuo, ossia bisogna fargli credere che può migliorare se stesso, che può evolvere, che può redimersi (termine non casuale: redenzione significa liberazione da una condizione di prigionia).
È un percorso espiativo del tutto coerente nel sistema di valori del mondo cattolico o ancor più calvinista, dove si incoraggiava un sistema di crescita sociale basato sul merito morale: l’uomo buono era “prescelto” dal Dio- Pater, ma nella vita doveva continuamente dimostrare di appartenere ai “buoni”.
Il paternalismo è fortemente antidemocratico, potremmo dire che è l’essenza stessa della contrapposizione alla democrazia, in quanto consente ad una élite di mantenere il controllo su una massa, mantenendo solo formalmente i caratteri di una pluralità decisionale. Quindi in democrazia l’uso di categorie o di ragionamenti paternalistici è assolutamente disfunzionale, è sospetto e da rigettare in ogni sua forma. (Una cosa non dissimile, si badi bene, accade anche nelle relazioni private, che immaginiamo “democratiche”, cioè basate sulla volontà condivisa da due persone sullo stesso livello, ma che molto spesso si configurano in un rapporto “alto-basso”, dove uno dei due fa delle cose per l’altro “per il suo bene”).
Sarebbe facile, e in qualche misura probabilmente efficace, porsi come regola quella di diffidare e allontanarsi da chiunque ragioni in termini di Bene e Male, Bontà e Malvagità. Ma si rischierebbe di ostracizzare anche le categorie di Amici e Nemici. Il Nemico viene spesso rappresentato come il Male, solo che il Male non esiste, o meglio non è impersonabile, se non nell’ambito religioso; i Nemici invece ci sono eccome: chiunque abbia interessi contrapposti ai nostri è un avversario, e se usa mezzi sleali per ottenerli forse potremmo dire anche che è un nemico.
Un altro recinto della ragione è quello in cui rinchiudiamo le nostre “associazioni” rispetto al Bene o al Male. Ad esempio, chi sono “i Buoni”?
In una visione molto approssimativa, molte persone potrebbero descrivere la Bontà in base a dei buoni ideali. I Buoni amano il prossimo e vogliono il bene della comunità.
Le tradizioni popolari tuttavia ammoniscono : “la via dell’inferno é lastricata di buone intenzioni”, “il karma è fatto di buone azioni, non di buone intenzioni”. In altre parole, dividendo il mondo in buoni e cattivi spesso facciamo un doppio danno:
1- costruire un recinto mentale manicheo, privo di grigi
2- incasellare eventi e persone nell’una o nell’altra categoria in base agli ideali e non alle azioni o ai fatti
Quindi l’associazione tra il concetto (bontà) e la realtà (la persona “buona”) rimane avulsa dal dato reale, e quindi impossibile da confutare. Per chi si avviluppa in questo corto circuito risulta difficilissimo poter cambiare idea sulla base di fatti.
Chi è succube della propaganda paternalista finisce per ragionare in modo stereotipato. Ecco una possibile lista di “10 regole” che ben si inscrivono nella dialettica paternalista:
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10 REGOLE DI CHI RAGIONA IN SENSO PATERNALISTA
Autorità = Pater
1 – divide il mondo in buoni e cattivi
2 – L’ Autorità dice chi ha ragione, e sceglie i favoriti, che possono definirsi buoni
3 – All’Autorità non c’é alternativa, e se anche ci fosse sarebbe peggiore
4 – i buoni si caratterizzano soprattutto per gli ideali, non per le azioni. La dimensione ideale viene sempre favorita a quella pratica/pragmatica
5 – si posiziona coi buoni oppure “con la bontà“, in carenza di buoni
6 – accusa di criptocattivismo chi pare non aderire allo stesso manicheismo
7 – chi si oppone all’Autorità non merita rispetto, puó essere calpestato: perde i suoi diritti, essendo non un avversario o un nemico, ma uno strumento del Male
8 – le idee indicate dall’Autorità sono giuste, anche se fino a poco prima erano approvate idee diverse o addirittura opposte. La storia puó e deve essere riscritta, se serve (cfr. 1984)
9 – l’individuo puó migliorarsi, ma solo se segue la strada maestra. Se si pone in qualche modo in contrapposizione, non é piú considerato capace, competente o “in grado di”.
10 – ognuno porta con sé una sorta di “peccato originale”, non ben definito o continuamente ridefinibile, a cui si associa un aspecifico senso di colpa. La colpa non puó essere mai emendata del tutto (diversamente dal concetto di responsabilitá) , ma viene spesso offerta l’opportunitá di espiarla attraverso qualche azione che consenta al soggetto di sentirsi nuovamente “fra i buoni”
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Di seguito alcuni esempi di promozione e/o di sudditanza psicologica alla propaganda paternalista :
Sono ben accetti contributi alla galleria, di esempi ce n’é a bizzeffe
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