
Il titolo è volutamente provocatorio. Oggi riflettevo sulla “parabola” dell’approccio di Google al web, e su alcuni cambiamenti di questi ultimi tempi che stanno rendendo la vita molto difficile ai webmaster.. ma secondo me, in parte anche agli utenti. Cercherò di essere schematico e magari comprensibile anche per chi non è “dentro” le questioni SEO, cioè di ottimizzazione per i motori di ricerca.
Fase 1:
I fondatori di Google erano partiti da un’idea semplice e funzionante. Come faccio io – algoritmo di un motore di ricerca – a stabilire se una pagina è “migliore” di un’altra quando l’utente fa una ricerca? Semplice, mi baso sul sistema che usano già gli articoli scientifici: i migliori sono gli articoli che hanno molte citazioni da altri articoli, soprattutto se questi sono pubblicati su riviste autorevoli. Sostituiamo al concetto di “citazione” quello di “link” e otteniamo il cosiddetto PageRank. (Questo paragone non l’ho “scoperto” io, l’ho letto in un articolo di Wired alcuni anni fa)
Fase 2:
Si aggiungono molti altri fattori che contribuiscono a determinare il valore di una pagina web e di un sito, nel complesso. Ma Il potere dei link resta elevato. E soprattutto si innesca un meccanismo: Google CONDIZIONA la strutturazione dei siti, le scelte dei webmaster e, in definitiva, contribuisce a plasmare il web. Accade cioè la stessa cosa che accade con gli studi scientifici:
- Poche riviste influenti (=siti web rilevanti) decidono l’importanza dei contenuti sul web, a cascata verso i siti “minori”
- I link, cioè le citazioni, vengono cercate come il pane da tutti i webmaster. La ricerca di buoni link diventa uno dei compiti più importanti – e spesso più difficili – di chi si occupa di SEO
- Essendo un bene prezioso, i link vengono “ceduti” con difficoltà. I siti autorevoli linkano poco, oppure linkano altri siti autorevoli. Si diffonde anche la pratica di vendere link o di mettersi d’accordo per scambiarsi link. Si diffonde la pratica del “nofollow”.
Fase 3.
L’uso del link come uno dei principali fattori per determinare quanto è popolare e autorevole un sito non fa altro che DROGARE lo sviluppo del web. Se un link equivale a un voto, le dinamiche di distribuzione di questi voti sono tutt’altro che naturali. Google tenta altre strade (Trust Rank), ma ciononostante i link restano importanti. Anche perchè cosa collega nel web i documenti e i siti se non i link? E’ difficile trovare un sostituto
Fase 4.
Le cose precipitano perchè, con lo sviluppo rapido e imponente dei social network – in Italia soprattutto Facebook (e Twitter) – si sviluppa una rete ALTERNATIVA a Google, fuori da Google, e per giunta poco controllabile da Google, perchè si tratta di ambienti sociali solo in parte pubblici. In questi ambienti sì che si sviluppa una diffusione dei contenuti NATURALE, o comunque molto più naturale di quello che avviene nel contesto web in cui domina Google. Da un punto di vista economico, molti hanno sottolineato come Facebook ha accumulato dati sugli utenti molto più approfonditi di Google e la stessa raccolta pubblicitaria dell’azienda di Mountain View ne è stata danneggiata.
Fase 5.
Fase 6 – attuale :
Google dà una svolta. Da un lato, con Google Plus, di fatto COSTRINGE i webmaster a iscriversi al suo social network e, di conseguenza, inserire lì anche pagine sui loro siti. Dico costringe perchè di fatto Google+ influisce sui risultati di ricerca organica o sulla loro apparenza (la “faccina” che compare accanto ad alcuni risultati, se si è iscritti a Google+).
D’altro lato, Google attualmente penalizza fortemente (prima con l’aggiornamento denominato Panda, e poi con Penguin) i link forzati o non “naturali”, sconvolgendo i risultati di ricerca (SERP). Ci tengo a sottolineare che Google è PARTE del problema dei link innaturali, perchè, a meno di avere contenuti particolarmente “virali”, nel web plasmato da Google si creano le condizioni perchè il sistema, nel complesso, si sviluppi in maniera “innaturale”.
Parallelamente, se ora guardiamo i risultati di ricerca, notiamo che vengono ora favoriti i Brand. Quello che mi chiedo è: si tratta di una fase di transizione?
Mi spiego: Google+ non sta funzionando granchè al di fuori del circuito degli addetti del settore web. Allora, se metter su un altro social network “non va”, forse è il caso di cambiare paradigma e tentare di rendere più naturali i risultati di ricerca. Ma questo va a sconvolgere tutto il panorama web attuale. E’ evidente che adottando misure contro i link innaturali si avrà un periodo di instabilità, in cui i risultati di ricerca saranno peggiorati, in cui gli utenti non troveranno subito quello che cercano, in cui cioè la qualità e affidabilità di Google PEGGIORA. Quindi che fare? Dare un vantaggio competitivo ai brand evita almeno in parte che nelle SERP compaiano risultati di “poco conto”: almeno l’utente troverà qualcosa che è strutturato come azienda.
In chiusura, quindi, vi invito a dare un’occhiata ai risultati di ricerca di Google (in italiano o in inglese, ad esempio): non vi sembra che siano peggiorati? Vi capita di dover scorrere “più pagine” rispetto a prima, per trovare quello che cercavate?
***AGGIORNAMENTO 08/12/2012 ****
Considerato il lancio delle community in Google+ e le dichiarazioni di intenti sull’importanza che dovrebbe avere G+ nella schiera dei prodotti Google, mi sa che davvero tutte queste manovre sulle ricerche organiche hanno, tra i loro fini, quello di spingere tutta la comunità di produzione contenuti web VERSO Google+, cioè fare in modo che ci siano degli spostamenti di massa – che fino ad ora non ci sono stati – che finalmente consentano a G di avere un pezzo della torta (se non tutta) che ha già Facebook.
Facciamoci caso:
– Author Rank = vieni fuori con la tua faccia
– Penalizzazioni = ti ho abituato bene ma ti tolgo tutto in un attimo, e devi trovare una soluzione alternativa
– Favorire i Brand = se hai un’azienda affermata conti qualcosa, sennò cercati altre strade
– Google Entities = meno traffico ai siti, più a Google
…Tutto questo ti spinge a cercare un’altra strada, e quella strada, se non l’hai capito, è Google+…
Claudio
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