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I prodotti biologici non sono migliori. Chi lo dice? “LA SCIENZA”. Tremate.

marchio biologicoCOMMENTO ALL’ARTICOLO DI D. BRESSANINI SUL CIBO BIOLOGICO, APPARSO OGGI SU FQ: CLICCA QUI

Si tratta di un articolo condivisibile, entro certi limiti. E’ una risposta piccata ad un altro pezzo apparso sullo stesso giornale, ed è comprensibile che sia tagliente. Va dato inoltre atto che dice “Il confronto tra agricoltura biologica e convenzionale si può fare su vari livelli.” Ecc.

Tuttavia, per contrastare una tesi, secondo me, finisce per tendere a generalizzare e lasciare nel lettore l’idea che “biologico e convenzionale sono uguali”.

Varie ricerche mostrano che il contenuto nutrizionale è pressochè comparabile tra cibi biologici e coltivazioni “convenzionali” . O sono tutti a libro paga oppure è vero. Anche nel caso sia vero, tuttavia, è un dato isolato, cioè non ti dice che uno sia “meglio” dell’altro, o che siano uguali. Ti dice solo che nutrizionalmente potrebbero essere uguali, cioè medesime componenti chimiche. Gli scienziati superficiali (per usare un eufemismo) pensano che prendi due cibi, controlli che abbiano vitamine minerali, proteine ecc. Se due cibi di questi hanno stessi contenuti, allora sono pari. Peccato che potresti aver confrontato un piatto di pasta con un rotolo di merda, che pure ha proteine, minerali, ecc.

E questo perchè si dimenticano varie cose. Ad esempio (ma vi invito ad aggiungere altro):

che oltre ai componenti nutrizionali “che testi” c’è altro. l’Acqua contenuta nel cibo, tanto per cominciare, e la sua qualità. La biodisponibilità dei nutrienti, come si strutturano e “amalgamano” le macromolecole nel prodotto finale.

che nel convenzionale ci sono residui di vari pesticidi. Ma se, ad esempio, dei frutti non confronti le bucce, forse il dato non viene fuori. Se non vai a cercare specificamente i residui di quel pesticida nel frutto, il dato non viene fuori. Una mia amica che lavorava nei controlli sulle uova, mi diceva che trovava quantità non trascurabili di composti ormonali che davano alle galline anche nell’uovo, nonostante questo non “dovesse” accadere, stando alle certificazioni correnti. Si dirà: anche nel biologico si utilizzano “pesticidi naturali” e anche quelli sono tossici. Su questo prima di esprimermi dovrei approfondire, ma occhio al riduzionismo.

– che la coltivazione convenzionale , con i pesticidi, è anche più omologata. C’è meno variabilità genetica in quello che mangi, e uno che si dice “biologo” dovrebbe sapere l’importanza della biodiversità, non solo per la Natura (tanto per fare il fricchettone) ma anche per chi quella natura “se la mangia”. Il nostro organismo è evoluto con una diversità dei cibi, non a mangiare sempre lo stesso biotipo di farina, di pomodoro, ecc. E’ un po’ come se al sistema immunitario presentassi solo un tipo di antigene, diventa incompetente un sistema così.

Però qua pare che, al solo tirare fuori la parola scienza, tutti dobbiamo calarci le braghe di fronte al sapere dei numeri. Questo è scientismo, non atteggiamento scientifico. E’ un esercizio estremo di riduzionismo: invece di usare la scienza per farsi delle domande, la si usa per darsi delle risposte definitive.

Detto ciò, la filiera del biologico ha una serie di pecche, i distributori sono pochi e fanno cartello, e un cosa che mi viene in mente e che mi fa abbastanza incazzare, ad esempio, è quando su frutta e verdura – con la scusa che è biologico – mettono non solo dei prezzi assurdi, ma spesso la roba è visibilmente vecchia e dovrebbe – almeno – costare la metà!

 

P.S.

Oh, a proposito: vi sono dati scientifici promettenti sul fatto che IL CIBO BIOLOGICO PROVOCHI L’AUTISMO (clicca qui). Mi raccomando, in guardia!

 


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Commenti

6 risposte a “I prodotti biologici non sono migliori. Chi lo dice? “LA SCIENZA”. Tremate.”

  1. Avatar Diego Petrucci
    Diego Petrucci

    Per favore, mi linkeresti almeno uno studio (per ogni punto) che supporta quel che dici? Altrimenti posso anche io dire che esistono i puffi e nessuno mi può smentire.

    Grazie.

    1. Avatar Claudio Cardone
      Claudio Cardone

      Gentile Diego,

      le cose che ho scritto sono considerazioni di carattere generale, che derivano dai miei studi in scienze biologiche (rimando a cose che ho studiato in biologia dello sviluppo, genetica, botanica, fisiologia cellulare..).

      Difatti il primo punto, che riguarda biodisponibilità e cose simili, è semplicemente una osservazione di carattere biologico, sui cui peraltro (a quanto pare ad una rapida scorsa) è stata fatta poca ricerca (ne puoi leggere un accenno qui: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20824185)

      Sui residui di pesticidi, il secondo punto, trovi dei cenni qui: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22944875, http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20359265

      Sul terzo punto, ancora una volta, si tratta di considerazioni generali di carattere biologico relative al metodo di coltura.

      In sintesi, comprendo la tua richiesta ma la trovo miope (non lo dico con tono sprezzante, davvero): per come la vedo io la questione in ambito scientifico non è “chi c’ha il paper più grosso”, ma la comprensione di quello che la sperimentazione produce. E questo lo si fa in parte con i dati, ma in massima parte con l’interpretazione degli stessi. Il motivo per cui mi pongo in maniera molto critica in questo tipo di discorsi è che trovo che ci sia molta arroganza nel modo di porsi rispetto a questioni scientifiche e molta poca conoscenza di quello che, da un punto di vista epistemologico, il metodo scientifico può rappresentare. Tutto questo porta ad avere estremismi o parlare per generalizzazioni affrettate.

      Per inciso, nessuno studio scientifico potrà dirti che non esistono i puffi, ma al massimo che “non sono stati trovati”. Quindi puoi continuare a dirlo tranquillamente, perlomeno io non ti smentirò.

      1. Avatar Sig. Qualchuno
        Sig. Qualchuno

        Nessuno dei link che hai dato permette di scaricare l’articolo. Di uno dei tre e’ possibile leggere solo l’abstract, quindi non so a che conclusioni giunge. Degli altri due, uno asserisce che le fragole “Organiche” hanno una “Piu alta qualita”, che scientificamente non significa nulla. Tra l’altro come sottolineato nell’articolo linkato all’inizio del post, per specifiche specie ci possono benissimo essere delle differenze rilevabili. L’ultimo link conclude con “Il consumo di cibo organico POTREBBE ridurre il rischio di esposizione…”, se e’ scienza questa…

        Mi piacerebbe tornare qui a leggere la tua risposta (e magari lo faro’), ma per quanto mi riguarda hai perso ogni credibilita’ con questi tre link (credibilita’ che ovviamente puo’ essere riacquistata).

        Tra l’altro non vorrei sbagliare (mi sto informando meglio) ma provengono tutti da una rivista “A pagamento”, quelle in cui gli autori PAGANO per poter essere publicati.

        1. Avatar Sig. Qualchuno
          Sig. Qualchuno

          Scusa, uno dei tre e’ effettivamente accessibile (quello delle fragole). L’ho letto velocemente e mi ha lasciato perplesso il fatto che non specifichi bene le caratteristiche dei due campi usati (se uno e’ in siberia e l’altro in Italia, capirai che non c’e’ molto da confrotare) e che non dice se i test di assaggio siano alla cieca o meno (sembra ovvio, ma di solito lo si sottolinea per bene).

          1. Avatar Claudio Cardone
            Claudio Cardone

            Gentile Diego,

            Puoi porre le tue domande ai rispettivi autori. Ho cercato di fare un quadro più ampio nella mia precedente risposta. Il riferimento allo studio sulle fragole era relativo alla questione della biodiversità. Non so se hai fatto esperienza in ambito di ricerca scientifica ma da quello che scrivi non mi sembra, quindi ti invito a fare esperienza diretta prima di giudicare. Detto ciò, a me non importa convincerti (nè tantomeno importa conquistare il tuo rispetto), fatti le tue idee e buona fortuna.

            P.S. questi gli articoli che non riuscivi a trovare: http://www3.nd.edu/~dhicks1/teaching/GFSP13/readings/12a-Smith-Spangler.pdf ; http://www.altmedrev.com/publications/15/1/4.pdf

            —————————————-

            Colgo l’occasione per aggiungere una nota al mio post: nell’analisi tra metodi di coltivazione “convenzionali” e biologici si rischia di andare incontro a contrapposizioni – come spesso accade – ideologiche. E’ possibile che ciò che ricade nel marchio di biologico, oggi, sia in parte lontano dai princìpi ispiratori che quello stesso marchio suggerisce (biodiversità, rispetto del suolo e dei tempi di coltura, ecc.). Dico “in parte” perchè suppongo – e mi auguro – che almeno un po’ le direttive vengano seguite. Tuttavia anche quello del biologico è un business. Pertanto, a prescindere dalla dovuta attenzione a tutto ciò che esula dalla semplice analisi dei valori nutrizionali, attenzione a non finire nel seguente impasse logico:

            “Il biologico non risulta molto diverso dal convenzionale, QUINDI non si necessita un approccio “conservativo” al rapporto con la natura, poichè con la tecnologia l’uomo può sopperire senza che vi siano cambiamenti evidenti (o meglio, ad oggi sperimentalmente dimostrati)”.

            Questo pensiero è idealizzato e ideologizzato, in quanto non si sta confrontando due “ideali” metodi di coltivazione, ma due applicazioni pratiche, che possono molto differire rispetto al teorico. Il dualismo convenzionale/biologico non corrisponde al dualismo antropizzato/naturale. Tanto per essere chiari.

  2. […] dicendo di combattere “i talebani” (l’esempio non è casuale).– personalmente, non sono contro gli ogm più di quanto sono contro la produzione in grande scala, che ci riempie di pesticidi e antibiotici. E non ho la soluzione. Ma repello questo modello […]

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